E se vi dicessi che in Sardegna non c’è il mare?

Non sto farneticando, è un’espressione un po’ forte lo so, in parte provocatoria, e non è mia. Un giorno di dicembre, mentre passeggiavo sulle rovine di Tharros, una cara amica profonda conoscitrice di quella Sardegna meno sdoganata e turistica, mi ha parlato di un libro. Qualche tempo dopo, una copertina gialla e verde attirò la mia attenzione in una piccola libreria del centro storico di Cagliari. Era lui.

In Sardegna non c’è il mare. Di Marcello Fois.

Quanta verità nascosta in questo titolo. Quasi come una rivelazione quelle sei parole mi sono entrate nella testa e hanno smosso la parte più profonda dei miei pensieri, estremizzando un sentimento che racchiude in sé l’essenza stessa di questo blog. Perché sì, quante volte avrei voluto un megafono per dire che “Sardegna” non equivale a “mare” e che anzi, esiste una Sardegna che il mare l’ha conosciuto solo molto tardi nel corso del tempo. La Barbagia, per esempio. La conosci? Lì il mare non lo vedono nemmeno col binocolo.

Se chiedi ad un vecchietto qualsiasi delle zone interne dell’isola a quanti anni ha visto il mare per la prima volta, con molta probabilità ti risponderà che era già adulto e vaccinato. Che quando era giovane lui, uno spostamento da Nuoro a Cagliari, per esempio, era un vero e proprio viaggio. Parliamo di 200 chilometri. Ma parliamo anche di strade quasi assenti, di mezzi di trasporto diversi da quelli di oggi e di un senso delle distanze lontano anni luce dal nostro.

Cosa significa essere sardi di Barbagia

Marcello Fois questo lo sa bene. Lui, che già nelle primissime righe di questo libro si definisce “sardo di Barbagia” ci tiene particolarmente a mettere i puntini sulle i.

Nascere nel ’29 in Barbagia significava nascere in un limbo a-storico […]. Mio padre è l’esemplare direi genetico della Sardegna senza mare. Lui il mare lo vide la prima volta quando alla sua squadra di disinfestatori fu assegnato il territorio che andava da Capo Comino a San Teodoro. […] Lui era straniero in terra straniera a trenta chilometri da casa sua. Aveva visto il mare e a casa, in montagna, ne parlava con meraviglia. Così, qualche anno dopo, noi, la famiglia Fois, siamo stati i primi del nostro quartiere a partire per le vacanze balneari.

In ogni caso, il mio voler puntualizzare che in Sardegna non c’è il mare è legato a ragioni che vanno ben oltre l’aspetto puramente geografico (anche se quando dico che in Sardegna nevica sono ancora in tanti a non crederci). Credo invece fermamente nell’importanza di una comunicazione che lasci trasparire tutto il vero che c’è su quest’isola: dovremmo imparare a raccontare i suoi tratti distintivi con più consapevolezza, perché solo così possiamo offrire a tutti la possibilità di conoscerla a fondo.

Certo, per chi è abituato a pensare alla Sardegna smeraldizzata, può sembrare una stranezza pensare alla montagna, al clima alpino, al freddo secco, alla neve… Eppure basta voltarsi dal mare alla terra e si possono vedere le montagne che si gettano nell’acqua. Dentro quelle montagne abita la sostanza di un territorio ancora sconosciuto.

Io questo libro l’ho letto due volte prima di poter tirare il fiato. Le parole di Marcello Fois mi hanno creato una apnea costante dalla prima all’ultima pagina e poi di nuovo, 130 pagine di apnea. Poi ho respirato. Ho trovato tanto di me nelle parole di Marcello Fois, anche se non sono una sarda di Barbagia, ma sono sarda e basta.

La Sardegna è un’isola

Uno dei messaggi che mi piacerebbe lanciare con questo blog e col mio ruolo di “raccontatrice di Sardegna” è che ogni viaggiatore che voglia esplorarla e conoscerla dovrebbe iniziare a concepirla per quello che è realmente, cioè un’isola. È un vero peccato venirci in vacanza e fare la spola tra due o tre spiagge per tutto il tempo (qua potrei essere più polemica ma mi trattengo, perché ognuno è libero di scegliersi la vacanza che desidera). La Sardegna merita un viaggio itinerante, un viaggio lento a tappe, che mischi terra e mare, interno e costa, estate e inverno.

Se così non fosse rischiamo che la nostra attenzione sia catturata solo dai luoghi piuttosto comuni, proprio come quelli che Marcello Fois descrive nella prima parte di questo libro.

Il sardo d’oltremare

Se siete curiosi di leggere come un sardo d’oltremare vive e sente la sua terra, con un pizzico di ironia, un velo di polemica e tanta sincerità, questo è il libro giusto. Ci troverete anche le ventuno parole di un sardo d’oltremare (Marcello Fois vive infatti a Bologna), ed è proprio questo distacco che lo porta a formulare in modo così lucido l’analisi che ci offre, perché quella del sardo d’oltremare è una vera e propria condizione in cui anima, mente e corpo non sempre riescono a mettersi d’accordo tra loro.

E prima di arrivare ad una non conclusione, Marcello Fois dedica una parte del libro alla formattazione dello scrittore sardo, in cui continuando a raccontare un po’ di sé e un po’ dei sardi in generale, ci regala descrizioni e incontri con alcuni di questi del calibro di Grazia Deledda o Salvatore Satta.

Da bambino, nei giorni di festa, mi svegliava l’odore dolce amaro dell’agnello, si preparava fuori in uno spiazzo ripulito fra gli olivi e i quercioli. […] Sulla cottura dell’agnello c’erano varie scuole di pensiero: quella dei tradizionalisti, che lo volevano infossato; quella dei modernisti, che lo volevano infilzato. […] Più mi allontano e più mi ritrovo al punto di partenza. Anni di distanza e basta un odore a riportarmi indietro. Basta un sapore a riportarmi indietro. […] Tutto, tutto mi riporta a casa quando credo di esserne definitivamente partito.

In Sardegna non c’è il mare.

O forse sì.

Ma è solo la cornice di un meraviglioso quadro ancora poco esplorato.

In Sardegna non c'è il mare - Marcello Fois

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